Secondo la Direttiva 2004/83/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004 che
prende naturalmente spunto dalla Convenzione di Ginevra, “il cittadino di un paese terzo il quale, per il timore fondato di
essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, opinione
politica o appartenenza ad un determinato «gruppo sociale», si trovi fuori dal
paese di cui ha la cittadinanza e non possa o, a causa di tale timore, non
voglia avvalersi della protezione di detto paese, può chiedere lo status di
rifugiato”.
Nel caso di specie i tre richiedenti
asilo, provenienti da Sierra Leone, Uganda e Senegal, avevano richiesto di
essere accolti nei Paesi Bassi poiché temevano nei rispettivi stati di
provenienza una effettiva persecuzione e discriminazione sessuale da parte
della locale “giustizia” dove potevano incorrere da pesanti sanzioni pecuniarie
fino ad arrivare addirittura all’ergastolo.
Il Raad Van State (Consiglio di Stato
dei Paesi Bassi) si è rivolto alla Corte di Giustizia Europea per la
valutazione della circostanza se si possa ritenere che i cittadini di paesi
terzi che siano omosessuali possano costituire un “particolare gruppo sociale” e come tali essere anch’essi tutelati
dalla vigente normativa in materia.
La Corte di Giustizia ha ritenuto, com’è
ovvio, che l’orientamento sessuale di una persona è una “caratteristica
fondamentale per la sua identità” e come tale irrinunciabile. Ma allo stesso
tempo ha ritenuto anche che per arrivare alla tutela apprestata dall’istituto
dell’asilo la persecuzione deve essere di una “certa gravità” e cioè non solo
l’orientamento sessuale deve essere considerato reato nel paese d’origine del
richiedente asilo, ma le pene devono trovare effettiva applicazione nella
prassi.
Per questo motivo lo stato
europeo che riceve la richiesta di asilo deve valutare se effettivamente nel
paese d’origine del richiedente la discriminazione sessuale oltre ad essere
considerata reato è concretamente punita (es. pena detentiva effettivamente
applicata). Gli atti persecutori e
discriminanti devono, quindi, essere sufficientemente gravi da rappresentare
una violazione grave di diritti umani fondamentali.
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Il Comunicato
Stampa n° 145 del 7 novembre 2013: http://curia.europa.eu/jcms/upload/docs/application/pdf/2013-11/cp130145it.pdf
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